Addio ad Alice Munro, maestra del racconto breve
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"Voglio che la scrittura mostri come sono complicate le cose e sorprendenti. Voglio emozionare i lettori, ma senza trucchi" (Alice Munro, 1931-2024, Nobel per la Letteratura 2013)
Alice Munro era nata nel 1931 in una cittadina dell’Ontario (Canada) durante la grande depressione. 'Vivevamo in una specie di ghetto popolato da contrabbandieri, prostitute e scrocconi… Non eravamo disperatamente poveri. Eravamo mentalmente poveri', così aveva sintetizzato la sua infanzia in un’intervista rilasciata nel 1978. Nonostante le difficoltà rappresentate da un ambiente familiare particolarmente chiuso, aveva studiato fino all’Università e si era dedicata alla scrittura di racconti. Nel 1968 pubblicò la prima raccolta, 'Dance of the happy shades' ('Danza delle ombre felici') cui fu assegnato il prestigioso Governor General’s Literary Award, il primo dei tanti riconoscimenti che avrebbero segnato la sua carriera. Non abbandonò mai per i suoi scritti, con poche eccezioni, la forma del racconto breve. Ne scrisse più di mille. Scelse di narrare storie al femminile immerse per lo più nel contesto geografico e culturale del Canada rurale dove aveva trascorso infanzia e adolescenza. Ebbe il coraggio di fare “scelte faticose e marginali” che divennero il suo tratto distintivo e furono anche, nel lungo periodo, la chiave del suo successo.
La sua scrittura si inserì “negli spazi bianchi e nelle deviazioni narrative” della realtà, scrisse Pietro Citati che fu, in Italia, uno dei suoi primi estimatori. Si tenne lontana dal “regionale” e dal “pittoresco”. Riuscì a scovare, tra le pieghe del quotidiano apparentemente più banale e appartato, i risvolti crudeli e violenti della vita delle donne, parlando a tutti con una lingua precisa e tagliente, dimostrando grandi doti di introspezione psicologica. La sua estrema libertà di pensiero e la durezza delle situazioni descritte le costarono anche l’accusa di “oscenità” per suoi libri che furono esclusi, per un certo periodo, da alcune biblioteche scolastiche americane. Una sorte che condivise con Twain, Steinbeck, Salinger.
La sua scrittura si inserì “negli spazi bianchi e nelle deviazioni narrative” della realtà, scrisse Pietro Citati che fu, in Italia, uno dei suoi primi estimatori. Si tenne lontana dal “regionale” e dal “pittoresco”. Riuscì a scovare, tra le pieghe del quotidiano apparentemente più banale e appartato, i risvolti crudeli e violenti della vita delle donne, parlando a tutti con una lingua precisa e tagliente, dimostrando grandi doti di introspezione psicologica. La sua estrema libertà di pensiero e la durezza delle situazioni descritte le costarono anche l’accusa di “oscenità” per suoi libri che furono esclusi, per un certo periodo, da alcune biblioteche scolastiche americane. Una sorte che condivise con Twain, Steinbeck, Salinger.
In Italia, la prima traduzione di una sua opera, 'Danza delle ombre felici', edita da La Tartaruga, vide la luce nel 1994, a più di venti anni di distanza dalla prima uscita in lingua originale. Solo nei primi anni del Duemila Einaudi iniziò a pubblicare tutta la sua produzione, a partire da due capolavori come 'Nemico, amico, amante...' e 'Il sogno di mia madre'. Rimase una scrittrice poco conosciuta fino al 2013 quando le fu conferito il Nobel per la letteratura in quanto “maestra del racconto breve”. Aveva ormai ottantadue anni e non andò a ritirare il premio mandando la registrazione di un suo intervento, scegliendo ancora una volta di rimanere, come tanti suoi personaggi, ai margini della scena.
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PM