Come perdere la strada per tornare a casa

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Il gioco delle ultime volte, di Margherita Oggero (Einaudi 2021) 

Come perdere la strada per tornare a casa

Ricordi veri o taroccati?  Per funzionare con il pubblico è meglio che siano inventati”. "Perché?” sembra stupirsi Sheila. “Perché il teatro è invenzione. Per il vero credo funzionino meglio il confessionale o lo psicoanalista”, risponde Nicola (p.96). Comincia così la messinscena di un gioco, il gioco delle ultime volte che dà il titolo all’ultimo romanzo di Margherita Oggero appena pubblicato da Einaudi. Nella scenografia di una baita in montagna, otto persone, alcuni di loro sono ex compagni di liceo, altri si vedono per la prima volta, si trovano a vivere - le parole sono nella sovraccoperta - “giorni che hanno tutto il sapore del Grande freddo”, il capolavoro di Lawrence Kasdan girato negli anni Ottanta. 
Un’altra citazione cinematografica è in esergo al romanzo: “A volte bisogna perdere la strada per tornare a casa” (Fratello, dove sei? di Joel Coen). La frase riassume e definisce la rotta seguita dall’autrice in questa storia apparentemente complicata, quasi labirintica, ma tracciata con abilissimo montaggio, in cui tutto si scioglie solo alla fine.  
I grandi temi e le passioni che accompagnano la produzione letteraria di Margherita Oggero ci sono tutti. Accanto all’amore per il cinema (nato, come raccontato da lei stessa nel delizioso Guerra e pane, quando frequentava da bambina pressoché quotidianamente le sale cinematografiche, in compagnia del nonno Pietro), s’intravede quello per il teatro (nel romanzo ha mantenuto le unità aristoteliche di tempo e di luogo) e quello per la lettura (dispensa preziose citazioni di cui dovremmo approfittare). Infine i giovani e gli adolescenti, ritratti nella loro incoscienza e sensibilità, i suoi soggetti preferiti.
Il romanzo si svolge nell’attualità dei nostri tempi e l’incipit fa un esplicito riferimento alla pandemia.  Quest’ultima non entra però nella storia, funziona piuttosto come la cornice della peste nelle novelle del Decameron: connota drammaticamente il tempo difficile e la particolare situazione di fragilità che i protagonisti della storia stanno vivendo e ne segna il perimetro. Anche i luoghi sono molto definiti: la città di Torino e una baita in montagna a Chamois dove otto persone, quattro coppie, si ritrovano a passare un lungo week-end. Quella casa isolata, fredda - non solo perché la caldaia non funziona - è un palcoscenico in cui i vari personaggi appaiono isolati, in preda a crisi esistenziali e sentimentali destinate a esplodere una dietro l’altra. 
Le storie raccontate, scandite in tre giorni come i tre atti di una pièce teatrale, sono tante, tra quelle dei personaggi principali e quelle dei comprimari. Tuttavia è possibile suddividerle in due grandi “narrazioni”. Una è quella delle coppie all’interno delle quali domina la vicenda di Nicola e Matteo, ex compagni di liceo, che dopo un’amicizia adolescenziale profonda si sono persi per strada; l’altra è quella di Ale, diciassettenne bellissima ma stanca della vita, la cui esistenza si incrocia con quella di uno dei protagonisti, in seguito a un grave incidente.   
I vecchi amici, nel momento in cui intraprendono il gioco, accettano una sorta di resa dei conti. “Il gioco delle ultime volte”, proposto dalla giovane Sheila, funziona come “una terapia di gruppo, inconsapevole ma ben riuscita” (Simona Sparaco), una cartina tornasole capace di far affiorare ciò che sembrava sepolto per sempre, ma continuava a esistere nel profondo di ognuno di loro.  
La nostalgia del passato e il calore dei vecchi legami contrapposti al cinismo e alla superficialità dell’oggi, le emozioni impreviste che catturano a tradimento, amicizia e amore, verità e bugie sono i temi e i sentimenti umanissimi che affiorano nei fitti dialoghi di questo romanzo tra i più strutturati e riusciti di Margherita Oggero.
Se non si compiono atti irrimediabili che rappresentano la rinuncia alla vita, tutti quelli che sono disponibili a mettersi in gioco possono sperare che si possa andare avanti, al di là di qualsiasi errore o tradimento. E mentre qualcuno sceglierà di continuare a nascondere i suoi segreti, altri usciranno allo scoperto e affronteranno i cambiamenti ricomponendo i pezzi di vita che erano andati in frantumi. 

Gli altri libri di Margherita Oggero: La collega tatuata (Mondadori), da cui è tratto il film Se devo essere sincero di Davide Ferrario, Una piccola bestia ferita (2003), L’amica americana (2005), Qualcosa da tenere per sé (2007), La vita è un cicles (2018), La ragazza di fronte (Premio Bancarella 2016), Non fa niente (2017), Guerra e pane (Slow Food, 2019). Per la Rai ha scritto i soggetti della fortunata serie Provaci ancora prof, ispirata ai suoi libri. 

PM