Coraggio, sostantivo femminile

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Il palazzo delle donne, di Laetitia Colombani (Nord)

Coraggio, sostantivo femminile

Non basta un giorno, l’8 marzo, per ricordare il ruolo svolto dalle donne nella società. Ad esempio con il loro coraggio. 
Le donne hanno sempre dimostrato una forte determinazione per affermare sé stesse, anche quando non avevano un’autonoma identità sul piano sociale. La letteratura ci ha lasciato ritratti di donne coraggiose anche se spesso, in realtà, si trattava di donne “resilienti”, dotate cioè di una capacità di reagire (leggi, “sopportare”) di fronte a traumi e difficoltà, ai limiti dell’umano. Se poco si è parlato di coraggio individuale riferito alle donne, ancora più raramente questa “capacità” considerata tipica del mondo maschile viene riferita a storie collettive al femminile, come invece avviene in questo romanzo. 
Il palazzo delle donne, di Laetitia Colombani (regista, sceneggiatrice, al secondo romanzo dopo il grande successo ottenuto con il suo esordio, La Treccia) restituisce la dignità e il loro posto nella storia a un gruppo di eroine (appartenenti all’Esercito della Salvezza) di cui si era persa la memoria.  Si tratta di coloro che, dopo la fine della prima guerra mondiale, in Francia ma anche in altri paesi europei, combatterono insieme una battaglia che sembrava persa in partenza: quella contro la povertà ritenuta un male ineluttabile. In modo particolare si presero cura delle donne, le vittime invisibili della crisi economica post bellica, quelle che, ricacciate fuori violentemente dal mondo del lavoro, avevano subito le ferite più profonde.  
Una giovane francese, Blanche Peyron, insieme a suo marito Albin (che era l’unico ricordato per questa vicenda su Wikipedia, ricorda l’autrice) e a un gruppo di compagne, riuscì in quello che sembrava un progetto impossibile: dare un rifugio alle centinaia di derelitte che erano costrette a mendicare per la sopravvivenza.  A Parigi questo ricovero fu chiamato “Palazzo delle donne”, viste le dimensioni grandiose dell’edificio (un ex albergo di 743 stanze).   Quelle a cui veniva trovato un tetto erano anche messe in condizione di riscattare la loro esistenza visto che, senza una casa, non avevano nemmeno un minimo di dignità sociale.  Sotto la protezione del Palazzo appresero un mestiere e impararono a leggere e scrivere.  Un gruppo di donne guidate da Blanche, circondate dal silenzio quando non dall’aperta ostilità, fece dunque delle scelte coraggiose che avevano, pur inconsapevolmente, una loro dignità politica. Produssero infatti l’effetto di rafforzare la struttura sociale del loro Paese partendo dal rispetto dei diritti delle donne, che sono i diritti di tutti. 
Nel romanzo, Laetitia Colombani intreccia la storia di questa eroina del secolo scorso con quella di Soléne, giovane avvocata dei nostri giorni che, entrata in crisi depressiva dopo il suicidio di un suo assistito, viene invitata dal suo terapeuta a frequentare il Palazzo delle donne, ancora in funzione, per fare del volontariato:
Deve aprirsi, sentirsi utile per qualcosa o per qualcuno, ha detto lo psichiatra. D’impulso Soléne clicca sulla voce Contatti. Scrive un messaggio e lo invia. Dopo tutto non può essere peggio che consumarsi lentamente sul divano. E poi ‘La plume solidaire’ è un bel nome pensa” (p.30). 
A quasi cento anni dalla sua costruzione (1926), il Palazzo delle donne continuerà dunque a svolgere un suo ruolo, non solo nei riguardi di quante vi trovano rifugio, ma anche di tutti coloro che incontreranno il variegato universo delle sue ospiti. Il contatto di Soléne con questo mondo, lontanissimo dal suo ambiente, le farà scoprire che i meccanismi della solidarietà femminile riescono a funzionare benissimo anche all’interno delle dinamiche sociali più estreme. 
Ci piace l’idea di Laetitia Colombani che il riscatto passi anche attraverso la comunicazione scritta (Solène diventerà la “scrivana” per le ospiti del Palazzo) e che la cultura appaia come un mezzo per abbattere pregiudizi e barriere sociali:
“Iris estrae una chiave e apre la porta, rivelando una stanzetta decorata con gusto. […] E’ la prima volta che ho una stanza tutta per me, aggiunge, citando Virginia Woolf. Il riferimento letterario stupisce Solène. Iris sorride, divertita. Vivere al Palais non significa che non si possa avere una cultura” (p. 203) 

Cosa leggere di Laetitia Colombani 
La treccia, Nord, 2018  
Il palazzo delle donne, Nord, 2021

Sul tema del coraggio al femminile si consiglia anche:
Dacia Maraini e Chiara Valentini, Il coraggio delle donne, Il mulino, 2020 (da cui è tratto il titolo “Coraggio, sostantivo femminile”).

PM