Giorno della Memoria 2021

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“Bisogna a tutti i costi evitare l’oblio” (Simone Veil)

Giorno della Memoria 2021

Il male della nostra epoca si chiama indifferenza. Lo dice lo scrittore israeliano David Grossman. Non si vuole vedere la sofferenza degli altri perché si pensa che quel dolore non parli di noi e a noi. E’ fondamentale invece riscoprire quanto sia unico e importante l’anniversario del 27 gennaio, al di là di ogni tentazione di ridurlo a un rito inutile. 

Quando da più parti si è sentita ripetere: “Basta parlare della Shoah. Ci sono stati altri orrori dopo. Ogni epoca ha le sue tragedie”, Simone Veil, presidente del primo parlamento europeo ed ella stessa vittima di deportazione ad Auschwitz-Birkenau, ha così risposto: “La gente non si rende conto. Per lungo tempo non è stato possibile parlarne… Oggi credo che il trauma vissuto da quella generazione non sia stato compreso fino in fondo. Il tempo non cancella niente. […] La generazione dei deportati si sta spegnendo, ma quanto accaduto è ancora molto vicino nel tempo. Si sente dire che bisogna dimenticare e perdonare. Non sono la stessa cosa. Bisogna a tutti i costi evitare l’oblio”.

Sulla Shoah esiste una fittissima bibliografia storica che cresce ogni anno. Altrettanto importanti, ai fini della conservazione della memoria, sono le testimonianze dei sopravvissuti, la letteratura d’impegno civile e la poesia.

Oggi invitiamo a condividere la lettura di un libro di memorie e di un romanzo appena arrivati in bct e infine, di una poesia di Primo Levi.

Il libro di memorie è Alba a Birkenau  di Simone Veil (Ugo Guanda, 2020). 
Di questo memoir quello che colpisce immediatamente è il contrasto tra la bellezza e l’orrore. La bellezza è quella delle immagini che appartengono a volti, in primo luogo quello dell’autrice, Simone Jacob Veil (1927-2018), còlta negli anni giovanili e nella vecchiaia, il prima e il dopo della deportazione da lei subita a Birkenau  tra il 1944 e il 1945, e quelli della sua famiglia, anch’essa duramente colpita dalle persecuzioni. L’orrore, oltre che nelle foto del campo di Birkenau, è racchiuso nelle parole, dure come la pietra e lontane da ogni retorica, di Simone Jacob Veil che, deportata nel 1944 a sedici anni insieme alla sua famiglia, è riuscita a sopravvivere e diventare un punto di riferimento in Francia e in Europa, ricoprendo il ruolo di magistrato, ministro della Sanità in Francia con il governo Chirac e infine presidente del primo parlamento europeo.  La sua testimonianza è stata raccolta dal regista e fotografo David Taboul che è anche l’autore delle foto. Il libro è dedicato al più piccolo delle millecinquecento persone del convoglio 71 sul quale Simone Veil partì dalla Francia il 13 aprile 1944: Albert Bulka, nemmeno cinque anni, ucciso appena arrivato ad Auschwitz.

Lo sforzo di raccontare l’”inimmaginabile” per Simone Veil

 “All’epoca i liberatori non capivano l’entità di quel che scoprivano. Che fosse Bergen Belsen o Auschwitz, era in effetti inimmaginabile. Lo stesso fenomeno d’incomprensione si è verificato al nostro ritorno, con la difficoltà di testimoniare, di trasmettere la nostra esperienza. In Francia, le cose che raccontavamo sembravano inverosimili e gli altri hanno fatto fatica a crederci. … Oggi, quando le persone vanno a visitare Birkenau o Auschwitz, vedono la distesa delle baracche, vedono varie cose, ma la trasmissione dell’esperienza è molto lontana. Quando i giovani dicono che “se l’immaginano”, non s’immaginano proprio niente. Quella resta un’esperienza inimmaginabile. […] Niente assomiglia più al campo di allora. Vedo un immenso parco. Birkenau era fango, cielo nero e odori”.

Il romanzo che proponiamo è invece Ognuno accanto alla sua notte di Lia Levi (e/o, 2021).

Lia Levi “ha il dono di non parlare mai in astratto. Se nomina il male, anche quello assoluto della Shoah, lo fa calandolo nelle storie individuali: ‘Dentro il dolore collettivo c’è il dolore di ognuno di noi’”(Raffaella De Santis, La Repubblica, 22 gennaio 2021).  La letteratura, infatti, più della storia per certi versi, ci permette di rompere il muro dell’indifferenza, facendoci vivere l’esperienza dell’altro come se fosse la nostra, attraverso il processo del coinvolgimento emotivo. 

Lia Levi (n. 1931), dopo una vita dedicata al giornalismo, ha trovato nel romanzo la misura ideale del messaggio che vuole affidare ai suoi lettori. Dopo il fortunato esordio nel 1994 con Una bambina e basta, in più di dieci romanzi ha raccontato le storie della sua famiglia di origine ebraica, della sua comunità romana vittima delle persecuzioni, dell’indifferenza del mondo circostante, della inadeguatezza della classe dirigente italiana e degli stessi vertici della comunità ebraica di fronte al dramma della seconda guerra mondiale.  

Il suo ultimo romanzo, uscito da pochi giorni, ha un titolo bellissimo, tratto da una poesia di Paul Celan: Ognuno accanto alla sua notte (e/o). In una villa in Toscana, nel periodo di una vacanza pasquale, tre personaggi si raccontano le storie familiari ai tempi della persecuzione razziale. Una cornice letteraria a noi familiare, una sorta di “Decameron della memoria ebraica” (Mirella Serri), racchiude i racconti della notte che questi uomini hanno attraversato, delle forme di solidarietà inaspettate che hanno conosciuto, dei sentimenti contrastanti di fronte alle scelte più dure. 

E infine la poesia è Il tramonto di Fossoli, di Primo Levi. 

Io so cosa vuol dire non tornare. 
A traverso il filo spinato 
ho visto il sole scendere e morire; 
ho sentito lacerarmi la carne 
le parole del vecchio poeta: 
«Possono i soli cadere e tornare: 
a noi, quando la breve luce è spenta, 
una notte infinita è da dormire». 
7 febbraio 1946 

(dalla raccolta Ad ora incerta 1984)

Primo Levi arriva a Fòssoli, campo di transito in Emilia, il 20 gennaio 1944, dopo essere stato arrestato in Valle d’Aosta. Vi staziona fino al 22 febbraio quando sarà deportato ad Auschwitz. 

PM