La cinquina del premio Strega 2021. Il pane perduto, di Edith Bruck

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La vera misura della vita è il ricordo

La cinquina del premio Strega 2021. Il pane perduto, di Edith Bruck

Torniamo a seguire il premio Strega attraverso la lettura dei libri che sono rientrati nella selezione del 10 giugno, con l’aggiunta di qualcuno che fa parte della nostra “cinquina ideale”.
Edith Bruck, Il pane perduto (La nave di Teseo, 2021).
La vera misura della vita è il ricordo, ha scritto Walter Benjamin, e Edith Bruck, ungherese, deportata nel 1944 a 13 anni ad Auschwitz (poi trasferita a Kauferina, Dachau infine Bergen Belsen), liberata nel 1945, ha fatto della memoria il suo progetto di vita e di scrittura. 
Ospite in bct nel 2018 in occasione del Giorno della Memoria, ci ha lasciato l’immagine di una donna apparentemente fragile per gli anni (ne ha appena compiuti novanta), ma straordinariamente forte nel momento in cui raccontava la sua storia dinanzi a un pubblico di giovani, con il pudore di chi ha paura di far male attraverso parole così crude, nello stesso tempo con la consapevolezza e la gravità di chi compie il gesto dovuto di una testimonianza. 
Il libro che presentò in quell’occasione era La rondine sul termosifone, dedicato al grande amore della sua vita, il poeta e regista Nelo Risi. La frase di Walter Benjamin sopra citata era in esergo al romanzo.  
A gennaio di quest’anno è uscito il libro che racconta gli anni precedenti al suo approdo in Italia nel 1954: Il pane perduto. E’ il racconto dell’infanzia e della prima giovinezza nel povero villaggio ungherese in cui era nata da una famiglia poverissima, della deportazione e infine della liberazione con i successivi confusi tentativi di ricostruirsi un’esistenza in vari paesi europei.  
Tanto tempo fa c’era una bambina che, al sole della primavera, con le sue treccine bionde sballonzolanti correva scalza nella polvere tiepida. Nella viuzza del villaggio dove abitava, che si chiamava Sei Case, c’era chi la salutava e chi no”, questo è il suo incipit.  Nei ricordi, le ristrettezze sono legate ai momenti di felicità familiare, alle piccole cose che illuminano la sua grama esistenza, “gli infiniti progetti, un fiocco rosso tra i capelli biondi, una fetta di pane con del burro e dello zucchero” (aveva raccontato in Signora Auschwitz).
Il pane perduto è quello che stava lievitando prima che la sua famiglia venisse strappata dal villaggio e avviata alla deportazione in cui persero la vita il padre, la madre e un fratello. “Mia madre non smise mai di piangere per quel pane, nel suo pianto era confluito il terrore, il dolore, la consapevolezza della fine del nostro mondo. In quei giorni, soprattutto sul treno verso Auschwitz, noi figli di colpo diventammo adulti e i nostri genitori vecchi” (così Edith Bruck, intervistata da Paolo Conti sul Corriere della Sera del 3 maggio 2021).
Se La rondine sul termosifone si concludeva con una struggente lettera al marito perduto, Il pane perduto si chiude con una “Lettera a Dio” che è un’indimenticabile dichiarazione d’amore al creatore (“Oh tu, Grande Silenzio”) che ha deciso per la sua sopravvivenza e agli uomini, gli innocenti come i colpevoli (“pietà sì, verso chiunque”). 

Tutti i libri della sua lunga e prolifica carriera di scrittrice e poetessa sono stati scritti in italiano: una scelta da lei spiegata come una sorta di “difesa”, perché solo una lingua diversa da quella nativa le avrebbe consentito il dovuto distacco per raccontare l’indicibile del suo passato. 
A Edith Bruck, in attesa che venga decretato il vincitore del Premio Strega, è stato conferito il Premio Strega Giovani dai 600 ragazzi delle scuole superiori italiane e straniere. Lo scorso febbraio ha ricevuto nella sua casa di Roma la visita di papa Francesco e ad aprile è stata nominata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella Cavaliere di Gran Croce

PM