L’Antonia

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L’Antonia. Poesie, lettere e fotografie di Antonia Pozzi. Scelte e raccontate da Paolo Cognetti (Ponte alle Grazie 2021) 

L’Antonia

Il 13 febbraio scorso sono trascorsi centodieci anni dalla nascita di Antonia Pozzi, poetessa, nata a Milano nel 1912 che pose fine volontariamente alla sua esistenza nel 1938, all’età di ventisei anni, senza mai pubblicare nulla in vita. Nel 1939 fu dato alle stampe il suo diario poetico, Parole, e nel 1940 la sua tesi di laurea dedicata a Flaubert che bct possiede nel Fondo Frateili Flaubert: la formazione letteraria (1830-1856).  
Il suo nome non compare nelle antologie scolastiche, anche se ebbe l’apprezzamento di Eugenio Montale che scrisse la prefazione a Parole (3. ed. 1948) (“Antonia Pozzi richiede una lettura che faccia vivere in noi gli sviluppi ch’essa conteneva e non espresse che in parte; […] voce leggera […] che tende a bruciare le sillabe nello spazio bianco della pagina”). 
La quarta edizione di Parole uscì nel 1964, poi il silenzio cadde sui suoi versi che tornarono ad essere pubblicati solo negli anni ‘80. Questi i più importanti: Parole, Garzanti 2021; La vita sognata e altre poesie inedite (Scheiwiller, 1986); L’età delle parole è finita. Lettere 1927-1938 (Archinto, 1989); Canto segreto (All’insegna del pesce d’oro, 1992); Poesia, mi confesso a te. Ultime poesie inedite (1929-1933) (Viennepierre, 2004).
Paolo Cognetti, vincitore del  premio Strega con Le otto montagne (Einaudi) nel 2016, ha raccontato la  breve e tormentata vita della poetessa in un libro - L’Antonia  - edito nel 2021 da Ponte alle Grazie - che contiene anche una selezione di poesie, lettere e magnifiche fotografie: “una biografia e insieme un dialogo a distanza” (Cristina Taglietti)  che riscatta i troppi anni di silenzio su questa grande autrice del nostro Novecento. 
Antonia Pozzi si era appassionata per le montagne nella Valsassina dove aveva trascorso le sue vacanze di bambina, a Pasturo, nella villa di famiglia che oggi ospita l’Archivio Pozzi. Poi si era dedicata con passione all’alpinismo sulla Grigna, le Dolomiti, il Monte Rosa e il Cervino. Ragazza  di buona famiglia – la madre, contessa Cavagna Sangiuliani di Gualdana,  era nipote di Tommaso Grossi, amico di Alessandro Manzoni – aveva ricevuto un’ottima educazione sentendosi attratta con uguale intensità dalla letteratura, dalle arti  (aveva praticato la scultura) e dalla filosofia (fu allieva di Antonio Banfi). Frequentando l’Università Statale aveva conosciuto Remo Cantoni, Enzo Paci, futuri filosofi, il poeta Vittorio Sereni, il futuro editore Alberto Mondadori, Paolo Treves e Dino Formaggio. Molti dei suoi amici appartenevano all’ambiente dell’opposizione antifascista, alcuni erano di religione ebraica. Tanti di loro sarebbero stati colpiti dalle leggi razziali del 1938.
Suo padre Roberto Pozzi, avvocato e interprete convinto del pensiero dominante nel ventennio, dopo la morte di Antonia, avrebbe distrutto metodicamente i suoi scritti, a cominciare dalla lettera d’addio alla famiglia, fino ai diari e alle poesie che aveva ritenuto più scandalose. Il corpus delle poesie di Antonia “si salva solo perché lei le ha sempre mandate ai suoi amici” (P. Cognetti).  Il suo gesto volontario fu nascosto da una pietosa bugia, una polmonite. In tanti pensarono alle conseguenze dell’ennesima delusione d’amore. Paolo Cognetti lascia intuire quanto possa aver influito nella sua scelta anche il travagliato rapporto “dell’Antonia”, come lui la chiama affettuosamente, con l’epoca cui apparteneva. 

PM